Questa camaleontina della specie Chameleo Calyptratus, fu lo splendido, quanto inaspettato, regalo di mio marito in occasione del nostro 17simo anniversario di matrimonio.
In genere, in queste occasioni, ci si aspetta un anello, oppure, che ne so’, un mazzo di rose, un profumo, una borsa griffata.. Insomma, cose da femmina.
Invece no. Lui, che mi conosce meglio di chiunque altro, ricordava perfettamente di quel mio antico desiderio coltivato sin da bambina e mai esaudito.
E quel giorno mi portò a scegliere il mio regalo, tra una quindicina di minuscoli camaleontini tutti uguali, di un acceso color verde pisello, nati da pochi giorni in un fornitissimo negozio di Roma.
Tornando a casa, felice come una Pasqua con la mia scatoletta forata dal prezioso contenuto, si presentò però il problema di dove far alloggiare Camilla.
In pochi giorni, in preda ad un attacco irrefrenabile di art-attack, trasformai un semplice scaffale di Ikea, in un terrario, ultra-accessoriato e dotato di ogni comfort.
E, sempre nell’arco di una manciata di giorni, la nostra casa si trasformò in alloggio permanente per ogni sorta di insetto commestibile ai camaleonti che, forse non tutti sanno, si cibano ahimè soltanto di prede vive.
Camole della farina, camole del miele (succulenti e ciccionissimi bruchi color rosa-confetto, da somministrare con parsimonia perché molto sostanziosi), grilli di ogni specie, cavallette di svariate misure.
Ma le blatte no, quelle mi sono sempre rifiutata di tenerle, dato che in casa avevamo la fortuna di non averle di nostro, mi sembrava poco intelligente introdurle.
E poi troppo schifose.
Inutile dire che reperire tutti questi insetti era diventato ogni volta un lavoro, quindi presi ad ordinarli online, e una volta successe che il corriere, non trovando nessuno in casa, pensò bene di lanciare oltre il cancello del giardino il pacchetto dal contenuto a lui (forse) ignoto, con conseguente spargimento di grilli (di specie non autoctona, ovviamente) per tutto il circondario.
Non oso immaginare quanto abbiano riso i vicini vedendomi vagare gobba per ore, intenta ad una tanto ridicola, quanto infruttuosa, caccia al grillo…tutto pur di sfamare il mio camaleonte!
Ancora oggi, a distanza di oltre dieci anni, semmai a qualcuno venisse in mente di farsi una passeggiata per i terreni adiacenti alla nostra vecchia abitazione, potrà ammirare curiose specie di grilli tropicali che negli anni si sono perfettamente ambientate e riprodotte.
Dopo questo incidente, a seguito del quale rischio ancora oggi una denuncia per disastro ambientale (ma sappiate che la colpa fu del corriere e non la mia) decisi che forse sarebbe stato meglio allevarli, questi insetti, così potevo anche risparmiare qualche cosina.
Probabilmente fu lí, che partì il pallino dell’allevamento, chi lo sa…
Lo studio complesso per mettere in atto la produzione casalinga di camole, grilli e quant’altro, fu davvero affascinante, anche se poco lo era, purtroppo, il loro ultimo destino.
L’esperienza degli insetti allevati e la convivenza con la mia bellissima Camilla durò soli due anni, ma intensamente stimolanti e pieni di incredibili scoperte.
Furono notti romantiche, le nostre, deliziate dal canto di centinaia di grilli in amore e dalle ore scandite dal sonoro nebulizzatore, che regolava la giusta umidità nel terrario.
Colpita da una brutta parassitosi intestinale dalla quale, nonostante le cure veterinarie, non si riprese più, Camilla mi lasciò in un giorno di pieno sole, dove tentai di farla riprendere poggiandola sopra una pianta in giardino e sperando inutilmente in un miracoloso bagno di sole.
Ancora oggi, quando guardo le sue fotografie, provo un po’ di nostalgica tristezza; è stata un’esperienza davvero molto impegnativa che non credo ripeterò, ma le sono grata per tutto quello che lei e il suo mondo, a me sconosciuto prima d’allora, mi ha dato possibilità di scoprire, imparare e anche di apprezzare.
Ancora grazie, mia piccola Calyptratus.