In questo periodo un po’ così, in cui i miei pensieri si inseguono vorticosamente, andando e venendo spesso come schegge impazzite, c’è però un’immagine che da qualche giorno ricorre e rappresenta una costante.
Sarà forse perché nei momenti più bui, anche le cose apparentemente più insignificanti, se non addirittura fastidiose, assumono una connotazione diversa e vengono scansionate una ad una dalla nostra mente, che per l’occasione è diventata magicamente capace di vedere oltre.
Espressione di un gesto che gli educatori cinofili invitano a scoraggiare e che le tintorie a volte faticano a cancellare, l’impronta di fango sui nostri vestiti, che tanto ci indispettisce – soprattutto a chi è pronto per andare in ufficio – dovrebbe però, come dicevo, esser guardata sotto altra luce.
Ovviamente non mi riferisco ai ripetuti salti addosso agli sconosciuti, ai nostri ospiti, e men che meno se compiuti con fini di aggressività. Ma a quel modo che il nostro cane ha di volersi elevare a noi, cercando di dimostrarsi più simile al suo riferimento umano, per arrivare quanto più vicino ai nostri occhi e stabilire un contatto visivo che ci dia conferma che lui è sempre qui, pronto a dimostrarci in ogni momento il suo affetto.
Forse soltanto una malattia potrebbe impedirgli di compiere questo semplice gesto, a differenza di noi, che distratti da difficoltà economiche, di lavoro, crisi coniugali, esistenziali e chi più ne ha più ne metta, spesso siamo portati a lasciarlo un po’ in disparte, il nostro affetto per lui.
Facciamone tesoro non solo nei momenti più difficili, a cui spesso la vita ci sottopone senza troppi convenevoli, ma magari anche adesso, dove le restrizioni per questa pandemia ci affamano di contatti sociali imponendoci di riservarli soltanto ad un ristretto numero di esseri viventi.
Il ricordo di quella zampata di fango, annullata da un ciclo in lavatrice, dovrebbe invece rimanere lì, conservata assieme alle fotografie, alle medagliette col nome, ai collari dismessi ed ai guinzagli logori, a testimonianza di un amore vero, proprio come quello dei cuori che gli innamorati incidono sulla corteccia degli alberi.